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La malattia fu riconosciuta per la prima volta nel 1920 da Larey E. e
Douglas H. che la descrissero come “leucocitosi mononucleare in
reazione alle infezioni acute”. Già dal 1800 veniva identificata
attraverso i sintomi quali febbre, faringite e adenopatia,
caratteristiche che, nel 1889, portarono i medici tedeschi a definire
la malattia “febbre ghiandolare”. In seguito all’isolamento del virus
di Epstein-Barr (EBV) nel 1964, Diehl V., Henle G., Henle W., Kohn G.
del Virus and Genetics Laboratories di Philadelphia scoprirono nel 1968
l’associazione dell’EBV con la malattia. Il termine “mononucleosi”
deriva dall’aspetto assunto dai globuli bianchi, cellule mononucleate,
dopo l’infezione da EBV.
Cosa è e come si trasmette?
La mononucleosi, detta anche comunemente "malattia del bacio", è una
malattia virale infettiva dell’età evolutiva che nei paesi
industrializzati colpisce soprattutto individui di età compresa tra i
15 e i 35 anni. Può essere trasmessa con la trasfusione di emoderivati,
ma soprattutto attraverso la saliva o per via diretta, entrando in
contatto con una persona infetta, o per via indiretta, attraverso il
contatto con posate, bicchieri, piatti e maniglie infetti.
Quali sono le cause?
La mononucleosi infettiva è generalmente dovuta all’infezione dell’EBV,
solo in rari casi è causata dal citomegalovirus (CMV). L’EBV si
diffonde dalle cellule epiteliali della faringe ai linfonodi
tonsillari, dove viene in contatto con i linfociti B. A una fase di
attiva replicazione virale segue il rilascio nel sangue dei nuovi virus
legati ai linfociti B e conseguente attivazione dei linfociti T che
producono gli anticorpi policlonali e gli autoantigeni, responsabili
rispettivamente della positività ai test di diagnosi e di eventuali
complicanze di natura autoimmune. Il periodo di incubazione della
mononucleosi infettiva varia da 4 a 6 settimane negli individui adulti
ed è inferiore a 2 settimane nei bambini. La fase acuta della malattia
dura 15 giorni circa, mentre il tempo per ristabilirsi completamente
può variare da alcune settimane a diversi mesi.
Quali sono i sintomi?
La mononucleosi si manifesta con:
- affaticamento, solitamente presente
nelle prime 2-3 settimane;
- febbre, che può raggiungere anche i
40,5°C nel tardo pomeriggio e nelle prime ore della sera;
- faringite, anche in forma grave,
dolorosa ed essudativa, simile alla faringite da streptococco;
- ingrossamento dei linfonodi ascellari,
inguinali, ma soprattutto a livello del collo;
- ingrossamento della milza, solo nel 50%
circa dei casi e durante le settimane 2 e 3;
- ingrossamento del fegato, generalmente
lieve, associato a dolore alla palpazione.
Generalmente i sintomi si risolvono senza problemi, ma talvolta (5% dei
casi) si possono manifestare gravi complicanze a carico di:
- milza, con rottura e conseguente dolore
nella parte superiore sinistra dell’addome;
- fegato, con una lieve infiammazione
(epatite) o ittero con occasionale ingiallimento della pelle e del
bulbo oculare;
- sistema nervoso centrale, con
meningite, encefalite e sindrome di Guillain-Barre;
- sistema cardiocircolatorio, con anemia,
riduzione della conta piastrinica, infiammazione dei muscoli cardiaci
(miocarditi).
Come viene diagnosticata?
Sulla base dell’esame obiettivo e dei sintomi, esistono esami specifici
che confermino la diagnosi di mononucleosi infettiva. Il monotest è un
esame rapido e semplice, con risultati disponibili in un giorno, che
valuta la presenza nel sangue degli anticorpi contro l’EBV. Il test non
è però in grado di rilevare gli anticorpi nella prima settimana di
malattia ed è, quindi, necessario effettuare anche un’analisi del
sangue per valutare il numero di linfociti, elevato in caso di
mononucleosi infettiva, e la loro anomalia morfologica.
Come si tratta?
Essendo una malattia virale, non esiste una specifica terapia
farmacologica per il trattamento della mononucleosi infettiva.
Generalmente si consigliano molto riposo e astensione dagli sforzi
fisici per almeno un mese, soprattutto in presenza di un ingrossamento
della milza. Per alleviare i sintomi, quali un importante gonfiore
della gola e delle tonsille, il medico potrebbe consigliare una terapia
a base di corticosteroidi. L’assunzione di antibiotici è sconsigliata
se non in caso di concomitante infezione da streptococchi, sinusite o
tonsillite. È bene assumere molti fluidi (acqua e succhi di frutta).
È possibile prevenirla?
Per evitare il contagio è essenziale evitare per un certo periodo di
tempo il contatto con le altre persone, lavare le mani frequentemente e
lavare le stoviglie utilizzate a elevate temperature.
Si ringrazia la SIF – Società Italiana di Farmacologia per la collaborazione
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