Il successo dei trapianti si deve al farmaco


Nel 2012 in Italia sono stati segnalati 2.063 trapianti e 1.870 donatori. Attualmente sono in lista d’attesa 9.395 persone. (fonte: sistema informativo trapianti – Ministero della Salute)

La storia
I primi tentativi di trapianto d'organo, in particolare di pelle, si fanno risalire addirittura al Rinascimento. In assenza di conoscenze sui meccanismi che governano le reazioni immunologiche, la riuscita di alcuni di questi tentativi e il fallimento di molti altri risultavano ai medici del tutto incomprensibili.
È all'inizio del XX secolo che si sviluppa la consapevolezza che per ottenere l'attecchimento del trapianto è necessario sopprimere la risposta immunitaria del ricevente, obiettivo raggiunto negli anni tra il 1910 e il 1969 con l'irradiazione del midollo osseo o dei linfonodi. La soluzione, però, si rivelava spesso più nefasta del problema, dato che la quantità di raggi assorbita era tale da indurre tumori secondari.

I farmaci anti-rigetto
È con la scoperta, nel 1959, di nuovi farmaci che inizia la moderna era dei trapianti che si basa sulla soppressione farmacologica della risposta immunitaria.
È in quegli anni, infatti, che la ricerca farmacologica arriva a produrre sostanze in grado di inibire in modo selettivo i linfociti T. Il prototipo di questi agenti è la ciclosporina, ancora oggi alla base di quasi tutte le terapie post trapianto.
Lo sviluppo degli agenti immunosoppressivi riflette la progressione delle conoscenze farmacologiche: da sostanze che agivano in modo non selettivo su funzioni comuni a diversi tessuti a molecole in grado di agire selettivamente sui linfociti T o B inibendo la sintesi delle linfochine, la trasduzione del segnale all'interno delle cellule o le vie di differenziazione cellulare a livello immunitario.
La strategia farmacologica attuale prevede l'uso combinato di sostanze appartenenti a diverse classi farmacologiche. La ricerca attuale è orientata allo sviluppo di sistemi di immunosoppressione basati su farmaci biologici in grado di interferire con la presentazione dell'antigene del donatore ai sistemi immunitari del ricevente oppure di agire come anticorpi monoclonali selettivi, al fine di liberare i malati dall'obbligo di una terapia cronica che, pur avendo fatto passi da gigante, ancora presenta effetti collaterali e limita la libertà dei pazienti.

Si ringrazia la SIF – Società Italiana di Farmacologia per la collaborazione >br>
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