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Fino agli inizi del XX secolo, l'unica cura possibile
per il cancro era la chirurgia, limitata ai casi di tumore scoperti in
fase iniziale e totalmente asportabili. È con la scoperta dei primi
farmaci chemioterapici che il "male incurabile" diventa una patologia
da affrontare.
Le tappe della ricerca farmacologica
I progressi della ricerca farmacologica sono stati tali e tanti nel
campo dell'oncologia che, benché il numero dei tumori sia in costante
aumento sia per il miglioramento delle tecniche diagnostiche sia per
via della presenza di fattori di rischio ambientali, la mortalità è
diminuita negli anni.
La scoperta che alcune sostanze erano in grado di bloccare la
replicazione cellulare è stata quasi casuale: durante la Prima Guerra
Mondiale, i soldati esposti alle cosiddette mostarde azotate
presentavano forme di anemia e leucopenia e disturbi a tutti gli organi
caratterizzati da un rapido turnover cellulare. Negli anni Quaranta i
ricercatori hanno quindi sviluppato farmaci basati sui principi delle
mostarde azotate (i cosiddetti agenti alchilanti).
Pochi anni dopo il pediatra statunitense Sidney Farber, dell'Università
di Boston, dimostrò che l'aminopterina, una vitamina derivata
dall'acido folico, era in grado di indurre la remissione nei bambini
malati di leucemia acuta. Questo farmaco è stato il precursore di uno
dei chemioterapici più comunemente usati ancora oggi.
La prima terapia per il cancro metastatizzato fu introdotta nel 1956.
Parallelamente allo sviluppo di questi farmaci, l'industria
farmaceutica ha lavorato alle terapie complementari in grado di rendere
meno tossica e più tollerabile la chemioterapia: nuove sostanze
adiuvanti, farmaci antiemetici, farmaci antianemici. Anche grazie a
questi sviluppi, è oggi possibile sottoporsi a una chemioterapia
continuando, in alcuni casi, a fare la propria vita, come conferma uno
studio recentemente pubblicato dalla rivista Cancer. Solo un paziente
su dieci ha dovuto lasciare il lavoro nei quattro anni dopo la
diagnosi. Quattro su dieci hanno interrotto l'attività durante le cure,
ma l'hanno ripresa subito dopo.
I numeri del cancro in Italia
Si stima che nel 2012, in Italia, verranno diagnosticati circa 364.000
nuovi casi di tumore maligno (circa 1.000 al giorno), di cui circa
202.000 (6%) negli uomini e circa 162.000 (44%) nelle donne. La
frequenza con cui vengono diagnosticati i tumori è in media di 7 nuovi
casi ogni 1000 uomini ogni anno, circa 5 casi ogni 1.000 donne, quindi
nel complesso circa 6 casi ogni 1.000 persone.
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Farmaci biologici oggi e domani
I farmaci biologici sono già una realtà nei nostri ospedali: uno dei
primi ad essere stato utilizzato è un anticorpo monoclonale che ha
ridotto il rischio di ricaduta nelle donne con tumore mammario
operabile. Sull’esempio di questa prima molecola sono state create
molte altre molecole oggi in uso per la cura di diversi tipi di tumore:
del colon e di altri tumori gastro-intestinali, del rene, del fegato e
di alcune leucemie ecc.
I farmaci biologici non sono però tutti uguali e possono essere
distinti, per esempio, in base ai loro meccanismi d’azione. Tra le
molecole più note ci sono gli anticorpi monoclonali, proteine simili a
quelle che produce l’organismo, in grado di interagire in modo molto
specifico con la cellula tumorale e bloccarne la crescita.
Un altro gruppo di farmaci biologici agisce invece sul fronte
dell’angiogenesi e va quindi a bloccare la formazione di nuovi vasi
sanguigni da parte del tumore, indispensabili perché la massa tumorale
possa continuare a nutrirsi e a crescere.
I ricercatori hanno "disegnato" anche molecole capaci di interferire
sia con i meccanismi che permettono alla cellula di crescere e
proliferare, come nel caso dei farmaci diretti contro la molecola EGFR
(Epidermal Growth Factor Receptor) efficaci per i tumori di polmone e
colon-retto, sia per attivare l’apoptosi, cioè la morte programmata
della cellula.
Tra le molecole più nuove, ancora in fase di studio, ci sono quelle che
agiscono contro le metalloproteasi – espresse nelle forme oncologiche
più aggressive – che permettono alla cellula tumorale di invadere i
tessuti vicini. Bloccare l’attività delle metalloproteasi significa
ridurre la capacità di generare metastasi.
Recenti avanzamenti nella biologia molecolare stanno consentendo di
studiare la differente espressione dei geni coinvolti nell’evoluzione
delle neoplasie (genomica) e delle proteine da essi prodotte
(proteomica). In particolare, sono stati ottenuti risultati importanti
dagli studi volti ad ottenere un profilo molecolare dettagliato delle
neoplasie, in modo da identificare specifici "bersagli" e facendone
derivare applicazioni clinico-terapeutiche sempre più selettive e
personalizzate, inclusa la scelta di appropriati farmaci biologici.
L’uso di questi nuovi farmaci, detti "a bersaglio", per i pazienti con
specifiche alterazioni molecolari, mostrano caratteristiche vantaggiose
rappresentate da:
- azione selettiva su particolari substrati delle
cellule tumorali;
- modesta insorgenza di effetti indesiderati anche nel
caso di impiego prolungato nel tempo;
- somministrazione, in alcuni casi, per via orale ed
ambulatorialmente;
- possibile associazione a terapie tradizionali.
La Ricerca procede sia per grandi salti nelle terapie, sia attraverso
un flusso continuo di innovazioni significative per la qualità della
vita e per l’efficacia terapeutica. E’ anche grazie ai farmaci
biologici se si potrà sempre più sperare nella possibilità di
individuare la terapia giusta, nella persona giusta, al momento giusto.
Si ringrazia la SIF – Società
Italiana di Farmacologia per la collaborazione
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