I trapianti e il rigetto

Sin dai primi tentativi di trapianto la ricerca si è impegnata a combattere il rigetto.

Quando si effettua un trapianto d'organo è di fondamentale importanza evitare il fenomeno del rigetto: l'organismo, non riconoscendo come proprio l'organo trapiantato, sviluppa difese immunitarie nei suoi confronti. Per questo, sin dai primi tentativi di trapianto, i farmacologi si sono impegnati nella ricerca di una terapia immunosoppressiva, che serva cioè a fare accettare all'organismo l'organo trapiantato. Le conoscenze scientifiche in questo campo hanno fatto passi avanti molto importanti negli ultimi anni, tanto da ridurre l'incidenza del rigetto acuto dal 50-60% di 10-15 anni fa all'attuale 15-20%, o meno in alcuni casi. Oggi, sono numerosi i farmaci immunosoppressori, ma fino a pochi decenni fa non era così.

Il primo farmaco a essere utilizzato a questo scopo è stato l'azatioprina che veniva somministrata in associazione con il cortisone: era il 1962. Una pietra miliare della terapia immunosoppressiva è senza dubbio la ciclosporina A, scoperta da Jean François Borel. Il vantaggio, rispetto ai farmaci usati in precedenza, consiste nel fatto che indebolisce la risposta immunitaria nei confronti dell'organo trapiantato, ma non toglie forza al sistema immunitario quando questo entra in contatto con virus e batteri.

Entrata in commercio nel 1980, la ciclosporina A ha permesso di ridurre significativamente l'incidenza del rigetto acuto e di migliorare la sopravvivenza dell'organo trapiantato e del paziente. Attualmente è ancora il farmaco più utilizzato.


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