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La tiroide è una ghiandola a forma di
farfalla, situata nella parte anteriore del collo. È endocrina, cioè
riversa i propri secreti direttamente nel sangue. È l’unico organo le
cui cellule sono in grado di assorbire iodio, dal cibo, dal sale
iodato, o dai supplementi, per poi combinarlo con l’aminoacido tirosina.
Gli ormoni tiroidei (triiodiotironina T3 e tiroxina T4) svolgono un
ruolo chiave nella regolazione del metabolismo cellulare, aiutando le
cellule a convertire ossigeno e calorie in energia. In alcune
situazioni, la ghiandola può non funzionare correttamente, causando
condizioni cliniche peculiari.
Ipertiroidismo
Insorge come conseguenza dell’iperattività della tiroide, che comporta
un’iperproduzione di ormoni tiroidei. Colpisce prevalentemente le donne
fra i 20 e i 40 anni e in misura minore gli uomini.
I sintomi più comuni includono: nervosismo, irritabilità e ansia,
aumento della sudorazione, palpitazioni, stanchezza e affaticamento,
tremori alle mani, disturbi del sonno, assottigliamento della pelle,
perdita di peso e diarrea, senso di fastidio agli occhi.
Il quadro più comune di ipertiroidismo, riscontrato in oltre il 70%
della popolazione affetta da iperattività tiroidea, è rappresentato dal
morbo di Basedow-Graves, una patologia
cronica autoimmune, conosciuta anche come gozzo tossico
diffuso. Tale patologia è causata dalla presenza di
anticorpi nel sangue che stimolano la tiroide a crescere e a secernere
ormoni tiroidei in quantità eccessiva.
L’ipertiroidismo può anche essere dovuto ad alterazioni nella
secrezione dell’ormone TSH (ormone stimolante la tiroide, prodotto
dall’ipofisi), a eccessiva produzione di ormoni da parte di uno o più
noduli della tiroide (gozzo nodulare tossico),
alle tiroiditi silenti e post-partum o ad assunzione eccessiva di
ormoni tiroidei.
Se non viene curato, l’ipertiroidismo può causare altri problemi: fra i
più gravi, quelli che coinvolgono il cuore (aritmie, scompenso
cardiaco) e l’osso (osteoporosi).
Come viene trattato?
Il trattamento farmacologico dell’ipertiroidismo prevede la
somministrazione per via orale di farmaci antitiroidei che inibiscono
la produzione degli ormoni tiroidei senza provocare danni permanenti
alla ghiandola, o l’uso di iodio radioattivo che agisce sulla tiroide o
su parte di essa, come radioterapia intraghiandolare causando la
necrosi del tessuto tiroideo. La rimozione chirurgica della ghiandola
(totale o parziale) viene impiegata nei casi clinici che non rispondono
agli altri trattamenti. La radioablazione o l’asportazione chirurgica
della tiroide rendono necessaria una successiva terapia sostitutiva con
Levotiroxina (T4).
Ipotiroidismo
È una condizione causata da un’insufficiente produzione di ormoni
tiroidei. Si manifesta più frequentemente nelle donne e la sua
prevalenza aumenta con l’età (colpisce il 15% delle donne con oltre 70
anni). I sintomi comprendono: stanchezza, depressione, sensazione di
freddo, aumento del peso, secchezza della pelle e dei capelli,
stitichezza, nelle donne irregolarità mestruali.
La tiroidite di Hashimoto (o malattia
di Hashimoto) è una patologia cronica autoimmune,
rappresenta la più comune causa di ipotiroidismo negli adulti ed è
dovuta a un’infiammazione della ghiandola tiroidea che non è più in
grado di produrre quantità adeguate di ormoni. L’ipotiroidismo può,
inoltre, insorgere come conseguenza del trattamento con iodio
radioattivo (utilizzato nel trattamento di altre patologie tiroidee) o
in seguito a rimozione chirurgica della tiroide in caso di
ipertiroidismo.
Come viene trattato?
Il trattamento dell’ipotiroidismo prevede la somministrazione di
farmaci che contengono ormoni, analoghi al T4 (Levotiroxina sintetica),
che la tiroide non è più in grado di produrre.
Dosaggi eccessivi di tali prodotti possono causare l’insorgenza degli
effetti tipici dell’ipertiroidismo.
Gozzo
Può creare soltanto problemi estetici o determinare gravi disturbi
delle strutture adiacenti, come la trachea e l’esofago. Si tratta di un
ingrandimento visibile, spesso benigno, della ghiandola tiroidea. In
passato la causa principale di gozzo era dovuta a una carenza di iodio
nella dieta. Può presentarsi in caso di ipertiroidismo o di
ipotiroidismo e interessare una singola area della tiroide (gozzo
uninodulare), più aree (gozzo multinodulare), o
determinare un ingrandimento uniforme e simmetrico di tutta la
ghiandola (gozzo diffuso). In alcune aree
geografiche l’aumento di volume della tiroide rappresenta un fenomeno
così frequente da essere definito gozzo endemico.
Come viene trattato?
I noduli benigni possono essere trattati farmacologicamente con ormone
tiroideo per impedirne l’ulteriore accrescimento e ridurne il volume.
Se i noduli si rivelano maligni, è solitamente effettuata
l’asportazione chirurgica dell'intera ghiandola e dei linfonodi
interessati.
Per il trattamento del gozzo endemico è prevista una terapia a base di
iodio.
Tiroiditi
Si tratta di stati infiammatori della ghiandola tiroidea, associati a
ipotiroidismo o ipertiroidismo. Possono derivare da attività
autoimmuni, infezioni, esposizione ad agenti chimici tossici per la
tiroide o da cause sconosciute. Oltre alla già citata tiroidite di
Hashimoto, si ricorda quella post-partum indolore,
che determina l’insorgere di una tireotossicosi transitoria (elevati
livelli ematici di ormoni tiroidei). Il decorso segue generalmente due
fasi: la prima di tireotossicosi (della durata di 1-3 mesi) e la
seconda ipotiroidea che insorge 1-3 mesi dopo la prima e può durare
fino a 9-12 mesi. Nella maggior parte dei pazienti si osserva un
ripristino delle normali funzioni tiroidee entro 12-18 mesi
dall’esordio dei sintomi. La tiroidite subacuta segue lo stesso decorso
clinico di quella post-partum senza sintomi di
dolore alla ghiandola. Come evidenziato per la tiroidite post-partum
anche quella subacuta si risolve, nella maggior parte dei pazienti,
entro 12-18 mesi e raramente si osservano recidive. La tiroidite
farmaco-indotta presenta entrambe le fasi descritte per quella post-partum;
il decorso è breve e la risoluzione avviene di solito con la cessazione
di assunzione del farmaco.
Come vengono trattate?
Il trattamento dipende dal tipo di tiroidite e dal quadro clinico della
malattia. Nella tireotossicosi si ricorre all’uso di beta-bloccanti per
ridurre palpitazioni, brividi e tremori. Nei pazienti con tiroidite
sintomatica post-partum e subacuta indolore è
indicata una terapia con ormoni tiroidei; se l’ipotiroidismo è lieve e
il paziente asintomatico, non è necessaria alcuna terapia.
Il dolore associato a tiroidite subacuta può essere trattato con i
farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Un dolore più intenso
richiede invece terapia con steroidi.
Tumori della tiroide
Sebbene siano le più frequenti fra le patologie neoplastiche
di origine endocrina e la seconda causa di morte dopo il carcinoma
ovarico, rappresentano solo lo 0,7% di tutti i tumori maligni. In media
ogni anno sono diagnosticati 5,2 casi di tumore della tiroide ogni
100.000 uomini e 15,5 ogni 100.000 donne; le stime per l’Italia
indicano un totale di 675 nuovi casi diagnosticati ogni anno tra i
maschi e 2.579 tra le femmine. Il 50% dei casi insorge in età giovanile
e viene diagnosticato prima dei 50 anni di età. Sono più frequenti nei
soggetti con storia familiare di tumore della tiroide, precedente
esposizione della ghiandola a radiazioni o età >40 anni.
Come vengono trattati?
Il trattamento prevede l’asportazione chirurgica parziale o totale
della ghiandola (tiroidectomia), spesso seguita da radioablazione
(distruzione del tessuto tiroideo) con iodio radioattivo. La
radioablazione del residuo tiroideo viene eseguita per distruggere i
possibili focolai neoplastici ancora presenti dopo l’intervento.
In generale, la prognosi è migliore per i pazienti di età <40
anni, mentre peggiora in pazienti con oltre 40 anni o con un tumore di
diametro superiore a 4 cm.
Ad eccezione del carcinoma tiroideo di tipo papillare, curabile e
facile da trattare, le altre tipologie prevedono spesso l’uso di
radiazioni e chemioterapia sia prima sia dopo l’intervento di
tiroidectomia.
Quanto sono diffuse in Italia le malattie della
tiroide?
In Italia, le malattie di questa ghiandola interessano circa 6 milioni
di persone. Si stima che un neonato su 3.000 nasca con una forma di
malattia tiroidea. In età adulta, le donne hanno il 20% di possibilità
in più di sviluppare problemi alla tiroide.
Le malattie più diffuse in Italia sono il gozzo nodulare e i noduli
tiroidei; molto frequenti anche ipotiroidismo e ipertiroidismo,
caratterizzate da una forte componente genetica.
I fattori di rischio e la diagnosi
I fattori che contribuiscono allo sviluppo di malattie della tiroide
sono numerosi:
- esposizione a radiazioni
- uso eccessivo e prolungato di farmaci afferenti ad
alcune categorie quali, ad esempio, cortisonici, antinfiammatori non
steroidei, antiaritmici, antidepressivi, antibiotici, ipoglicemizzanti
orali
- apporto eccessivo o scarso di iodio con la dieta
- radioterapia a testa e collo
- consumo eccessivo di cibi goitrogeni (tra cui
cavoletti di Bruxelles, broccoli, rape, ravanelli, cavolfiori, cavolo e
verza)
- trattamenti chirurgici per tumori della tiroide che
comportano la rimozione della ghiandola portando a uno stato di
ipotiroidismo
- trattamento con iodio radioattivo per il morbo di
Basedow-Graves.
Vengono diagnosticate tramite test di laboratorio, ecografia e
scintigrafia. Quest’ultimo è un esame che si avvale dell’uso di iodio
radioattivo o di tecnezio (sostanza captata dalla tiroide come lo
iodio) per osservare eventuali anomalie ghiandolari e valutarne la
funzionalità.
Altre tecniche di imaging comprendono Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN), Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) e
Tomografia a Emissione di Positroni (PET), che consentono di ottenere
ulteriori informazioni sulle caratteristiche dell’organo.
La biopsia infine è una procedura che prevede l’inserimento di un ago
sottile all’interno della tiroide per il prelievo di un campione di
tessuto e la successiva analisi.
Cosa è possibile fare per prevenire le malattie della
tiroide?
La carenza di iodio rappresenta una delle cause principali delle
malattie tiroidee. Per garantire una corretta funzionalità della
ghiandola tiroidea è necessario un apporto giornaliero di iodio pari a
circa 150 microgrammi.
Il fabbisogno giornaliero diventa più elevato durante l’infanzia,
l’adolescenza e in gravidanza.
Si ringrazia la SIF – Società
Italiana di Farmacologia per la collaborazione
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